mercoledì 6 luglio 2011

La schiavitù delle macchine

"Si possono immaginare forme di schiavitù peggiori... che si riesca a trasformare gli uomini in macchine stupide e appagate, che si credono libere, mentre in realtà, sono asservite..."   Marguerite Yourcenar


Una delle più grandi bugie che la classe dominante abbia mai raccontato alla classe dominata (anche se è veramente difficile stilare una classifica, considerato che praticamente sono sempre state tutte bugie) è quella che andavano raccontando, nel periodo della rivoluzione industriale: "Le macchine vi libereranno dalla fatica e dalla schiavitù del lavoro".



Spesso anni addietro - quando ancora credevo servisse a qualcosa discutere e scambiare opinioni con la gente che incontravo - mi sono ritrovato in discussioni pseudo filosofiche, riguardo al costante - ed a mio avviso, pericoloso - aumento di "macchine". La cosa sconvolgente è che la maggioranza di loro identifica come "macchina", unicamente l'automobile (sostengo - da sempre - che i sinonimi sono un danno e questo ne è solo un piccolissimo esempio), ed al massimo i più forbiti arrivano a considerare "macchina", quegli elettrodomestici che hanno "macchina" all'inizio del nome (macchina da lavare, macchina da cucire, etc.), non rendendosi conto - per esempio - che sono macchine anche la televisione, il frigorifero, la cucina, la calcolatrice, il telefonino, ed un'infinità di altre diavolerie, con cui siamo a contatto quotidianamente.


Fra i tanti ritagli di giornali che conservo, ce n'è uno proprio su questo argomento, che cerca di attirare l'attenzione del lettore, sul fatto che - senza rendersene conto - l'umanità è divenuta, schiava delle macchine.




"Le macchine ci comanderanno un giorno?"
di Roberto Rizzato


Questo inquietante interrogativo è cominciato ad apparire nella prosa giornalistica, all'incirca un secolo fa, nei primi articoli di divulgazione scientifica, ma ogni tanto è ancora argomento di discussione nei salotti radiotelevisivi. Naturalmente, le macchine non ci comanderanno un giorno. Le macchine ci comandano già! Ci comandano, perché le programmiamo a comandarci o ne diventiamo talmente dipendenti, da ridurci al tipico rapporto schiavo-padrone. Chi usa l'automobile anche solo per attraversare la strada ed andare a prendere il giornale nell'edicola di fronte o l'ascensore anche se abita al primo piano o chi ha bisogno della calcolatrice anche solo per fare 7 x 8 è di fatto già schiavo delle macchine. È pur vero che ogni tecnologia ci cambia, nel senso che richiede all'uomo di conformarsi al suo utilizzo. È celebre la parodia cinematografica dell'operaio, divenuto una specie di servomeccanismo della macchina: Charlot che dopo aver alzato e abbassato per un'intera giornata di lavoro una leva, quando va a casa continua a ripetere automaticamente lo stesso gesto. 


Negli anni cinquanta, anche un grande scrittore di fantascienza come "Fritz Leiber", aveva affrontato il problema in modo estremamente efficace, con il suo racconto intitolato "Il mostro degli abissi di Cleveland". La storia, parte dall'invenzione di una solleticatrice - una specie di agenda elettronica - che grazie alla sua speciale forma anatomica, si assicura sopra la spalla. Quando è l'ora di un appuntamento o di un qualunque altro impegno l'utente vi abbia introdotto, la macchinetta con una mini scarica elettrica, procura un leggero solletico come promemoria. Il problema è che questa solleticatrice funziona così bene che man mano viene potenziata: inietta piccole dosi di tranquillanti quando l'utente è troppo agitato o di stimolanti quando è troppo depresso, oppure gli suggerisce a livello subliminale (ossia con una tecnica ipnotica) delle frasi che riescano a motivarlo e a tenere sempre alto il suo morale... Alla fine la gente non ne può più fare a meno ed il paesaggio urbano si popola di poveracci che girano curvi sotto il peso di questi marchingegni, sempre più potenti e sempre più pesanti. Le macchine li comandano ormai a bacchetta, colpendoli con una scossa elettrica, ogni volta che disobbediscono o che sbagliano ad eseguire le loro istruzioni.


È chiaro che le macchine, non sono consapevoli di sé e non sottomettono gli utenti consapevolmente, ma se l'uomo dà loro del potere e le programma ad usarlo, le macchine lo usano! Vedete allora in che razza di trabocchetto siamo caduti? Abbiamo costruito le macchine per liberarci dalla schiavitù del lavoro, col risultato di ritrovarci ad essere schiavi delle macchine. C'è da chiedersi chi ce l'ha fatto fare di costruire le cosiddette macchine risparmia tempo, se poi siamo costretti a lavorare anche noi a macchinetta, per riuscire a stargli dietro. Un tempo per sbrigare una certa pratica, era calcolato un ragionevole tempo umano di lavoro: adesso nell'era del computer, di Internet e della posta elettronica, tutto deve essere fatto "in tempo reale", che significa immediatamente. E naturalmente, il cervello umano sembra sia solo un optional, nell'era dei cervelli elettronici. Credo fosse proprio questo il timore di "Asimov", quando avvertiva: "Se il pericolo del passato era diventare degli schiavi, il pericolo del futuro sarà diventare dei robot...".


di  "Roberto Rizzato -  da  "Illustrazione ticinese"  del 1° marzo 2006



Sulla fantastica signora, autrice dell'incipit di questo post "Marguerite Yourcenar" - pseudonimo di Marguerite Cleenewerk de Crayencour - ci sono in rete, oltre a "yourcenar.org", parecchi altri siti interessanti, fra cui quello di "violettanet" che consiglio di visitare, per scoprire una scrittrice molto interessante, segnatamente per quanto attiene all'aspetto umano.



"Ci sarebbero meno bambini martiri, se ci fossero meno animali torturati, meno vagoni piombati che trasportano le vittime di qualsiasi dittatura, se non avessimo fatto l'abitudine, ai furgoni dove gli animali, agonizzano - senza cibo e senz'acqua - diretti al macello."   Marguerite Yourcenar




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