lunedì 17 gennaio 2011

La storia di Vadar - Un ragazzo che chiedeva l'elemosina

Ormai è un classico. Nel notturno - anziché dormire - mi trasformo in un cibernauta e mi aggiro per la rete, apparentemente senza meta. In realtà, mi è solo sconosciuta all'inizio del "viaggio", ma basta che io abbia un po' di pazienza e come per magia mi si palesa (in fondo, è lo stesso meccanismo che avviene quando scrivo canzoni - a proposito: fra non molto, metterò in rete il mio CD! - inizio scrivendo la frase che ho in testa e poi, è sufficiente mettere in pausa la volontà, lasciar fare alla mente e la canzone viene fuori da sé; qualcuno la definisce "potenza dello spirito", chissà...). La meta del mio ultimo viaggio, era "conoscere" la storia di Vadar.

Un paio di giorni fa, ho scoperto "il blog di Alessandro Ghebreigziabiher" - interessante - e mentre curiosavo nel suo elenco "siti e blog da visitare", mi ha attratto "il blog di Daniele Barbieri & altri" - fantastico il logo - ed è li che ho trovato traccia della storia di Vadar, ed il link all'associazione "Naga", che è l'associazione che si è occupata del suo caso.

L'associazione Naga, è un'associazione di volontariato laica e apartitica, il cui scopo è promuovere e tutelare i diritti di tutti i cittadini stranieri, nonché dei cosiddetti nomadi, senza discriminazione alcuna.

La storia di Vadar ci è  "raccontata da Nadia", del servizio legale del Naga.



"L'incredibile storia di Vadar"
Questa è la storia più incredibile che sia mai capitata al Naga.




Rumeno


Vadar arriva al Naga nel giugno 2010. Parla pochissimo italiano e con uno spiccato accento spagnolo, ma non proviene dal Sudamerica e nemmeno dalla Spagna. Si presenta come romeno di origine, lontano dalla Romania e dalla famiglia ormai da 18 anni, da quando era bambino. Arriva da un paese che ricorda bene e ricorda anche la famiglia: la madre molto dolce, il padre violento, l'economia della famiglia che va a picco quando il padre perde il lavoro. E ricorda che un maledetto giorno, all'età di 7/8 anni, dopo l'ennesima scena di violenza, decide di allontanarsi da casa e prende un treno che lo porta lontano. Poi, di sera, affamato e solo, viene avvicinato da un gruppo di persone che gli chiede come mai sia solo. Lo sfamano e lo ospitano per la notte, promettendogli di riaccompagnarlo a casa il giorno dopo. Da quel maledetto giorno sono passati 18 anni e Vadar, non è più tornato a casa.


Elemosina ed errori

Di certo Vadar non passa inosservato. A causa di un incidente, infatti, ha perso un braccio e chissà, forse proprio quel braccio mancante ha fatto di lui un bocconcino prelibato. Un bambino mutilato che chiede l'elemosina, può mantenere intere famiglie e così Vadar, nelle mani dei rapitori, ha passato tutta l'infanzia e la fanciullezza, chiedendo l'elemosina in tutta Europa, passando per l'Italia, l'Inghilterra, l'Irlanda, la Spagna... Negli anni Vadar riesce a liberarsi dal controllo dei rapitori solo per brevi periodi e a Roma, scappa. Viene accolto in un istituto, ma Vadar all'epoca quindicenne, adolescente sciocco, scappa dall'istituto e torna nelle mani sbagliate. Dice che quella fuga è la cosa più stupida che abbia mai fatto, ma indietro non si torna. E così, privo di documenti e totalmente assoggettato ai suoi sfruttatori, Vadar riprende la solita vita: elemosinare soldini sui vagoni ferroviari, in strada nei centri cittadini, e poi, nei mercati rionali. Tenta di sottrarsi al controllo dei rapitori, ma viene ripreso e picchiato pesantemente.


Polizia spagnola

Senza speranza, ormai rassegnato, la svolta nella sua vita arriva quando, per motivi che tutt'ora lui non ha compreso, la polizia spagnola inizia a tenerlo d'occhio. Vadar è ormai grande, anche se non sa quanti anni ha, quando la polizia spagnola lo arresta. Dopo due giorni di interrogatorio, Vadar racconta alla polizia la sua vera storia: il rapimento e gli anni di sfruttamento. Da quel momento in avanti, si chiude per lui la fase dell'elemosina. I poliziotti gli fanno fare le radiografie e così, Vadar viene a sapere che dovrebbe essere nato nel 1985.


Signor nessuno

In Spagna, Vadar cambia vita. Viene accolto dalla Comunità Evangelica Remar, dove resta per anni, pulendo la sede, lavando i piatti, in cambio di vitto e alloggio. Ma Vadar non vuole restare in Spagna. Vuole tornare in Romania. Ricorda il nome del paese dove viveva e ricorda anche i cognomi dei suoi genitori e ricorda, di avere un fratello ed una sorella. Si mette in contatto con il Consolato Romeno a Madrid. Racconta la sua storia e chiede al consolato di fare delle ricerche, o di avere un documento valido per tornare in Romania e fare le ricerche da solo. Va in consolato tante volte. Ogni volta gli rispondono che con i pochi dati forniti, non sono riusciti a identificarlo e lo invitano a tornare dopo un mese. Così passano gli anni e Vadar, continua ad essere il signor nessuno, senza alcun documento d'identità. Stanco dell'attesa e deluso dai fallimenti, Vadar si mette in viaggio senza documenti. Arriva fino al confine romeno, dove viene bloccato. Tenta di corrompere i poliziotti, ma quelli non accettano e lo respingono alla frontiera. Sconsolato Vadar torna in Spagna, nella solita comunità Remar.


Televisione

Poi, un giorno, a febbraio 2010, sente alla tv spagnola una notizia che lo colpisce profondamente. È un servizio sull'Italia, che spiega la politica italiana coi Rom romeni. Si dice che Berlusconi sta rimandando in Romania tutti i romeni privi di documenti. È l'occasione di Vadar! In un paio di settimane Vadar si organizza e si mette in viaggio. Pieno di speranza, arriva in Italia, credendo che gli italiani lo manderanno finalmente a casa.



Polizia italiana

Arriva a Torino e si presenta subito alla polizia: "Buongiorno, sono romeno e non ho i documenti" "Allora?" "Allora buttatemi via, mandatemi in Romania" "Questa non è un'agenzia viaggi". Profondamente deluso, Vadar deve prendere atto, che senza documento di riconoscimento, non può nemmeno essere espulso! Chiede ai poliziotti cosa deve fare per essere rimpatriato. Quelli gli rispondono che per essere espulsi, bisogna commettere qualche reato e specificano, che il reato dev'essere grave. Gli consigliano di rubare qualcosa di molto prezioso. Lui non se la sente di commettere un reato grave, ma chiede comunque ai poliziotti, il favore di accusarlo di un reato grave: "Per favore, scrivete che ho ucciso qualcuno o che ho fatto qualcosa di brutto". Quelli, ovviamente, si rifiutano lo mandano fuori dall'ufficio e lo invitano a rivolgersi al Consolato Romeno.


Milano

Vadar è convinto che il Consolato Romeno, non farà niente per lui. E infatti non ci va. Piuttosto si mette alla ricerca di un alloggio. La comunità Remar, c'è anche a Milano e così Vadar, arriva a Milano, a metà marzo 2010, all'età presunta di 25 anni. Alla comunità Remar, viene ospitato secondo le solite regole. Spolvera e lava, ed in cambio ottiene vitto e alloggio. Anche lì racconta la sua storia. È ormai convinto che nessun consolato possa dargli una mano, ma non rinuncia all'idea di tornare a casa. Inizia a chiedere in giro, agli ospiti della Remar, a chi potrebbe rivolgersi e un boliviano, gli parla genericamente del Naga.


Naga

Vadar decide quindi di rivolgersi al Naga. Arriva allo sportello immigrazione a giugno 2010. Chiede aiuto. Vuole tornare a casa. Vuole un documento. Vuole un pezzo di carta, col suo nome e cognome. Che fare? Come prima cosa si consulta un avvocato, per fare la domanda di apolidia. Essere riconosciuti apolidi è importante, perché l'apolide ottiene un documento di riconoscimento, col quale può viaggiare. Decidiamo di tentare, ma subito si presentano delle difficoltà e non otteniamo il gratuito patrocinio. Intanto, la vita quotidiana di Vadar si fa pesante. Alla comunità Remar, ci sono regole di vita molto rigide e ad un certo punto, non ce la fa più e scappa. Affitta un posto letto e torna a chiedere l'elemosina, stavolta in proprio. Noi del Naga, cambiamo strategia e ci rivolgiamo al consolato. Scriviamo la storia di Vadar e chiediamo aiuto al Console.



Dal Console

Dopo circa un mese, il Console si fa vivo. Convoca me e Vadar direttamente nel suo ufficio... Vadar è felicissimo. Ci diamo appuntamento al Naga alle 9°° e lui arriva alle 8°°! Poi spiega il perché: "È troppo importante, volevo essere sicuro di non arrivare tardi". Il Console, ascolta la storia dalla viva voce di Vadar. Indaga, chiede particolari della famiglia di Vadar, circostanze, date. Vadar riferisce quanto ricorda. Il Console, si dimostra ottimista. Promette che riuscirà a identificarlo nel giro di due settimane e comunque, anche in caso di mancata identificazione, promette che gli rilascerà un documento d'identità presunta, col quale recarsi in Romania a fare ricerche in autonomia. Vadar tocca il cielo con un dito. Poi passano più di due settimane... Dopo circa un mese, arriva al Naga un fax laconico. Il Consolato Romeno dichiara di non essere riuscito ad identificare Vadar. Quando Vadar viene a saperlo, piange e dice "Per la prima volta, sento che non so chi sono". Gli prometto che non ci fermeremo.


Piccola identità

Gli diamo la tesserina di utente del Naga, tesserina che hanno tutti pazienti che si rivolgono al nostro ambulatorio e che ovviamente, non ha alcun valore legale. Ma alla sua tesserina, aggiungiamo una fototessera, giusto per renderla un po' più personalizzata... Vadar si mette in tasca la tesserina con la sua foto e commenta: "So che non vale niente, ma con questa tesserrina sento di possedere una piccola identità". E così, dopo qualche mese, ripresentiamo una nuova domanda di gratuito patrocinio, con un paio di documenti allegati... e incrociamo le dita. Intanto, riscriviamo al Console. Gli chiediamo se, come aveva detto, è possibile avere il documento d'identità presunta, per consentire a Vadar di viaggiare. Il Console, stavolta tarda a rispondere. Invece risponde la commissione del gratuito patrocinio... Positivamente! Vadar è contento. Gli assegniamo un avvocato e lui, prende appuntamento con l'avvocato. Si può far partire la pratica di istanza di apolidia.


Tutte le vie

Ma ormai, siamo decisi a percorrere tutte le vie possibili. Tra le altre cose, pensiamo di fare noi stessi delle ricerche e passiamo un pomeriggio, a fare ricerche in internet sulla famiglia di Vadar. Chissà... magari la sorella avrà un account su Facebook... o qualcuno della famiglia... Non troviamo nulla di utile. Mandiamo un bel po' di richieste di amicizia, con la storia di Vadar, su Facebook... Messages in a bottle, senza alcun risultato. Non ci arrendiamo. Iniziamo a pensare alla stampa ed alla televisione.



Media interessati

Ci rimettiamo in contatto con un collaboratore di "Chi l'ha visto?" e con un fotogiornalista. E stavolta, come speravamo, entrambi dimostrano molto interesse per la storia di Vadar. I contatti con i giornalisti, durano qualche settimana e al momento di concretizzarsi in un incontro vero e proprio, pensiamo doveroso informare il Consolato Romeno, del percorso intrapreso. E quindi, scriviamo nuovamente, informando che la televisione e la stampa, si stanno interessando al giovane Vadar. A questo punto il Consolato convoca Vadar e gli comunica, che hanno trovato la sua famiglia nel paese da lui indicato. La madre è viva, ed abita nella stessa casa dove abitava lui da bambino!


Lasciapassare

Il Console, consegna a Vadar un lasciapassare per recarsi in Romania. Questo lasciapassare, è tanto più bello della tesserina del Naga. Contiene la sua data di nascita vera: 19 gennaio 1984. Vadar scopre quindi, di avere già quasi 27 anni! È felice. Ora sa chi è, ed ha in tasca l'indirizzo di casa sua. Informiamo i giornalisti del lieto fine e qui, potrebbe finire la storia. E invece, c'è un seguito. Dopo qualche giorno, telefona il giornalista che ha preso contatti con la televisione romena, dove c'è una trasmissione analoga al "Chi l'ha visto?" italiano e dice, che la televisione romena, ha trovato la madre di Vadar, che lo aspetta a braccia aperte... Il giornalista italiano, ha anche deciso di accompagnare Vadar in Romania personalmente e di immortalare il momento. Vadar ed il giornalista, il 7 gennaio al mattino presto, volano in Romania ed il pomeriggio Vadar arriva a casa sua, seguito dalle telecamere romene, accompagnato a casa dal sindaco del suo paese, in lacrime (Vadar ed il sindaco) e riabbraccia finalmente sua madre. La madre di Vadar, signora Dominika, versa fiumi di lacrime ed il tutto viene mandato in onda sulla tv romena in due puntate, quella stessa sera ed il giorno successivo, con milioni di telespettatori in lacrime... Poi, arrivano fratello, sorella e... un nipotino.


Due Vadar

Vadar è entusiasta. Mi chiama: "Lo sai? Ho un nipotino... è bellissimo... si chiama Vadar! Mia madre ha voluto che si chiamasse così, perché mi aveva dato per morto... e voleva un altro Vadar!" Così adesso c'è il problema di distinguere un Vadar dall'altro. Ma la famiglia lo ha già risolto. Li chiamano Vadar grande e Vadar piccolo... Vadar è quindi tornato a casa. Dal momento in cui ha deciso di tornare, ci ha messo circa 5 anni. Una vergogna!

Ora, a telecamere spente, Vadar potrà godersi gli affetti familiari ed iniziare a pensare al futuro... La sua storia per ora, si ferma qui. È così particolare, che bisognava raccontarla. E che il lieto fine sia di buon augurio...




Osservazioni: ci sono diversi aspetti di questa storia, che mi fanno arrabbiare: lo sfruttamento di Vadar (assolutamente disumano, ma purtroppo la bastardaggine, è congenita nella nostra specie), la polizia italiana che gli consiglia di commettere un reato (il poliziotto in questione, meriterebbe il licenziamento in tronco senza alcuna indennità d'uscita e di essere denunciato, per istigazione a delinquere), il comportamento del Console. Ed è proprio il comportamento del Console, che mi fa arrabbiare più di tutto, perché non trovava niente e nessuno, non gli dava il lasciapassare e poi all'improvviso, appena sente parlare di giornali e televisione, gli da il lasciapassare e trova tutti, ed esattamente dove aveva indicato Vadar e addirittura, la madre abita ancora nella stessa casa dove abitava lui da bambino! (Sic!) 

Questa è l'ennesima dimostrazione, che quando a presentarsi alle autorità - e non dimentichiamo che il consolato, è la massima rappresentanza delle autorità in un Paese straniero - è un "signor nessuno", se ne fregano altamente. Invece, con lo spauracchio che i mezzi d'informazione dicano, che un consolato non è in grado di identificare un suo cittadino e di rintracciare i suoi familiari, in un giorno, trovano quello che non erano riusciti a trovare in sei mesi e gli rilasciano il lasciapassare che prima gli avevano negato. Quindi prima, non è che non avevano trovato. Prima, non avevano cercato!


P.S. Nel cercare fotografie da inserire in questo post, ne ho trovata una che mi ha lasciato sbigottito (uso il termine sbigottito, poiché l'autore della scritta che compare nella fotografia è certamente bigotto). Non la commento, in quanto si commenta da sé...






Una per riflettere...





Una per riderci sopra...



Nessun commento: