giovedì 18 novembre 2010

La paura

La madre di tutte le paure è certamente la paura della morte. Tema questo, che ha sovente impegnato i miei pensieri, con una certa costanza durante l'adolescenza e poi, a periodi sparsi, nel corso della vita. Sono certo, che il motore trainante nella realtà della vita è la paura di morire, anche perché - al contrario di altre paure, che sono frutto di indottrinamenti religiosi, morali, etici, cioè educativi e quindi, tutte appartenenti alla sfera psichica - è l'unica ad essere genetica.



Mi è capitato spesso di disquisire su questa peculiarità, perché molti dei miei interlocutori, non riuscivano a comprendere la differenza; l'esempio palese è che dopo pochi secondi dalla nascita, la maggior parte delle creature scappa (tranne l'uomo, che al contrario del suo credersi superiore agli altri animali è uno dei pochi ad aver bisogno di molto tempo, prima di essere in grado di capire le situazioni di pericolo e di poter porre in essere la prima arma di difesa, cioè la fuga).


Una volta, in un documentario, vidi la nascita di una gazzella, che dopo circa un minuto era perfettamente in grado di scappare; scappava d'istinto, non era andata a scuola, non aveva letto la favola del lupo che si mangia l'agnello, nessuno le aveva parlato della morte e men che meno, poteva saperlo per esperienza visiva. Questa cosa mi incuriosì e continuai a valutare questo aspetto, anche su altre specie e così sono giunto alla conclusione, che la paura di morire è comune in tutti gli essere viventi, ed è scritta nei geni.


Anni fa, nel confrontarmi all'idea della morte, scoprii "Epicuro" (filosofo grego che visse dal 341 a.C. al 271 a.C.), il cui pensiero a riguardo fu per me talmente illuminante, da farmi appassionare alla filosofia.




"La morte non esiste"



E devi abituarti a pensare che la morte non costituisce nulla per noi, dal momento che il godere e il soffrire sono entrambi nel vivere, e la morte altro non è che la sua assenza. L'esatta coscenza che la morte non significa nulla rende godibile la brevità della vita, senza l'inganno del tempo infinito prodotto dal desiderio dell'immortalità.

Non esiste assolutamente nulla di terribile nella vita per chi davvero sappia che non c'è da temere nel non vivere più. Perciò è sciocco chi dice di aver paura della morte, non tanto perché quando arriverà lo farà soffrire, ma in quanto lo affligge la sua incessante attesa. Ciò che una volta presente non ci può turbare, se stolidamente atteso ci farà impazzire.

La morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste. La morte non è nulla per noi: quando ci siamo noi non c'è lei, quando c'è la morte non ci siamo noi. Non esiste, né per i vivi, né per i morti. Per chi è vivo non c'è, i morti non sono più. Invece la gente da un lato fugge la morte come il peggiore dei mali, dall'altro la invoca a lenire i mali che vive.
 
Il vero saggio, come ama vivere, così non teme di non vivere più. Se la vita per lui non è un male, neppure un male sarà il non vivere. Ma come dei cibi sceglie i migliori, non i più abbondanti, così non la vita più lunga si gode, ma la più felice.



Questo brano - su pergamena - mi fu regalato "Dal Libraio" per natale una decina di anni fa, ed è estrapolato da una bellissima lettera che "Epicuro" scrisse a "Meneceo" comunemente detta "Lettera sulla felicità"È impressionante quanto sia attuale, nonostante sia stata scritta 2'300 anni fa!

Questo post, prende spunto da "Quante paure frenano l'uomo...", ed è il primo di una serie che intendo sviluppare, sul tema della paura.

Nessun commento: